A pochissimi giorni dalle elezioni regionali – in data 24 gennaio 2020 – il comune di Bologna, nella figura dell’assessore alle Relazioni Europee e Internazionali Marco Lombardo, ha organizzato il convegno “Bologna e Marocco, opportunità di crescita e sviluppo”.
Ospiti speciali di quest’incontro sono stati l’ambasciatore del Regno del Marocco in Italia, SE Youssef Balla, il membro del Servizio attrattività e internazionalizzazione, Gianluca Baldoni, la rappresentante di Confindustria Emilia-Romagna e la responsabile sindacale della Cisl area metropolitana, rispettivamente, Morena Fiorentini e Fatima Mochrick. A seguire, Andrea De Maria, presidente dell’associazione Interparlamentare di Amicizia Italia-Marocco.
L’incontro si inserisce all’interno di un progetto più ampio conclusosi nel novembre scorso con un Partenariato strategico, siglato dall’allora ministro degli esteri Luigi di Maio, che ha visto l’Italia e il Marocco eleggersi vicendevolmente come partner chiave per un’economia di co-sviluppo e cooperazione, e che preannuncia un atto – ormai concreto e delineato – di gemellaggio tra Bologna e la città di Meknes.
Progetti istituzionali, ma che si muovono dalle città e dalle loro comunità in un’ottica di aderenza alle singole realtà e di decentramento del sistema politico e amministrativo volta a promuovere le autonomie regionali di entrambi gli attori.
Il piano, infatti, sembrerebbe rispondere alle politiche di internazionalizzazione, intraprese ormai da anni dalla regione Emilia-Romagna (in particolare, dalla città di Bologna) e che sembrano vedere nelle città del Marocco alcuni promettenti interlocutori di questa tensione.
Di seguito, lo schema con le maggiori filiere dell’Emilia Romagna, interessate dalle strategie di internazionalizzazione:
I settori maggiormente interessati risultano essere quelli afferenti all’ambito meccanico, in particolare quelli legati alle macchine agricole che rispondono maggiormente alla filiera agroalimentare.
In questo quadro, la regione italiana si presenta – come più volte sottolineato dai relatori – come il motore di un’economia intercontinentale, in virtù della posizione strategica e della dinamicità della rete economica. Un insieme di fattori che ha favorito la nascita di un tecnopolo, un centro di calcolo e di analisi metereologica, in grado di fornire dati fondamentali per un’agricoltura di precisione, contributo essenziale – come suggerisce l’assessore – per un’economia sostenibile.
Un gemellaggio, anzi, una cooperazione nata prima di tutto da un tessuto sociale, composto dalla comunità marocchina presente a Bologna, che conta una popolazione di 3642 persone: una popolazione giovane, con un’età media di 35 anni.
In questo progetto di cooperazione, la comunità marocchina in Italia, a Bologna diventa – secondo le parole Morena Fiorentini – il “punto di mediazione” attraverso il quale non solo si trasmette, ma nel quale vengono a crearsi le prime forme di internazionalizzazione delle imprese.
Dall’altra parte del Mediterraneo, il Marocco sembrerebbe quindi – riproponendo le parole dell’Ambasciatore – “essere sulla traiettoria giusta”, con un chiaro riferimento alle nuove politiche di liberalizzazione adottate dallo Stato marocchino. Un’economia di resilienza, quella del Marocco, capace di svecchiarsi e adattarsi ai nuovi mercati, facendo un preziosissimo alleato economico.
I numeri riportati da Confindustria Emilia sono significativi, in un duplice senso: 44.969 euro di esportazioni che interessano la linea Bologna – Marocco e un totale di 6.440 euro dell’asse Marocco- Emilia.
E significativamente arriva un’obiezione dal pubblico: quello che rivelano i dati e che emerge dalla retorica del convegno risulta essere un processo di relazioni economiche ad una sola direzione, che si avvarrebbe solo formalmente del nome cooperazione senza però esplicare, di fatto, il suo vero significato. Un processo che sembrerebbe creare e rinsaldare un asse economico in cui Bologna risulta e continua a essere la città promulgatrice di servizi e prodotti e il Marocco come il contenitore preferenziale per determinati tipi di economia e filiere.
Ma un altro dato risulta essere importante: se è vero che le città che risultano le principali interlocutrici sono quelle di provenienza della gran parte della comunità marocchina a Bologna, allora questa comunità può diventare essa stessa promotrice di un tipo di cooperazione a direzione opposta.
Ancora una volta emerge con forza l’importanza dei protagonisti della diaspora, eletti al ruolo di doppio ambasciatore: con uno sguardo aperto a entrambe le rive, rinnovato dall’esperienza della diaspora, diventano i migliori candidati per la creazione di nuove alleanze che, ispirando nuove modalità di sviluppo, si evolvono in nuove identità.
È qui che entrano nel vivo le associazioni. La realtà associativa che dal basso, attraverso relazioni di cooperazione e integrazioni di rete può dar voce alle comunità e far sì che diventino voci anch’esse, promotrici di una economia che parta dal Marocco, dal loro paese d’origine verso i paesi di arrivo.
Bologna non è solo motore trainante di un’economia moderna, variegata, ma è anche culla di uno dei più grandi fenomeni dell’associazionismo, dell’incontrarsi e scoprirsi, dal basso. Una realtà capace di scalfire i pregiudizi comuni, innescando un processo di reinvenzione, responsabilizzazione e di comprensione.
Un esempio di tale forma di tensione potrebbe esprimersi nel turismo responsabile e nelle nuove economie dei GAS di cui l’Associazione Sopra i Ponti è promotrice. Un turismo responsabile, così come un’economia responsabile ed ecosostenibile, in cui il già citato tecnopolo potrebbe diventare strumento utile per quella agricoltura di precisione e di cui il Marocco potrebbe farsi a sua volta protagonista.
Un processo di complementarietà, concetto già espresso dall’ambasciatore del Marocco in relazione alla collaborazione interregionale del regno, ma che qui diventa una complementarietà internazionale e interstrutturale. Una complementarietà di strutture che vede entrambe le realtà come soggetti attivi in grado di aiutarsi e aiutare, e che sviluppi una strategia di interazione e organicità tra la struttura economica e quella legislativa, quest’ultima, forse, ancora troppo indietro rispetto alle politiche economiche. Una forza dal basso che riporti a galla l’esigenza di una regolamentazione e un piano di leggi al servizio delle imprese nate dalla realtà associativa.
Forte delle nuove politiche liberali e nutrito dalle comunità della diaspora, il Marocco si promuove a epicentro di una forza centrifuga che interessa tutto il continente africano, divenendo la base di un co-sviluppo dove la complementarietà, l’integrazione, l’assorbimento di culture diverse potrebbe creare una rete capace di generare un’economia ecosostenibile che dia beneficio a entrambi i lati della bilancia economica. Dove il beneficio non è solo di tipo economico, ma diventa un’opportunità di creazione di nuove identità sulla rivendicazione delle vecchie, e di sviluppo di nuove potenzialità, frutto non solo di una cooperazione tra governi, ma di una verticalizzazione di processi di cooperazione tra i vari organismi interessati: dalle associazioni, alle comunità, ai centri di ricerca, per passare alle realtà regionali ai governi nazionali.
Una realtà in cui quella “opportunità e sviluppo” diventa realmente non solo una opportunità per continuare il processo di internazionalizzazione dell’economia delle piccole e medie imprese emiliane, ma un segno della possibilità di nuovi tipi di economia. Un’opportunità che faccia in modo che quella politica di resilienza, assuma forme diverse dall’adattamento al sistema egemone, e che diventi invece un piccolo modello che promuova e che fornisca diversi parametri di valore, restituendo a ogni Paese il proprio peso specifico, lontano dalle logiche dell’“aiutiamoli a casa loro”.
Articolo di Francesca Molinari