Ancora sull’insegnamento di lingua ai migranti: esperienze di metodi orizzontali

Per dare seguito alle riflessioni sulla glottodidattica aperte la settimana scorsa da Clarissa nel suo splendido articolo sul corso di formazione tenuto da Maria Laura Privitera, oggi parlero’ della mia esperienza di due anni come insegnante di inglese ai richiedenti asilo, nella scuola Babels Blessing di Londra. Questa scuola, fondata nel 2015 con una struttura organizzativa interna orizzontale, organizza corsi (economici, per adulti) di lingue “politicamente rilevanti” per le nostre comunità, come ad esempio Arabo, Ebraico, Yiddish, Bengali o Spagnolo latinoamericano. L’incasso ottenuto attraverso questi corsi ci permette di organizzare corsi di Inglese gratuiti per migranti (classificati in diverse categorie legali, in diversi contesti). Altro motivo di questo articolo è che il mese scorso ho avuto il privilegio di partecipare ad una due giorni di autoformazione internazionale sulla politica nella didattica delle lingue, organizzata dalla SIM (Scuola di Italiano CON Migranti) di XM24, con partecipazioni di scuole basate in Italia, Olanda, online/ovunque (nell’innovativo progetto di NaTakallam), Israele/Palestina, e Inghilterra (in quel contesto “indossavo la casacca” di insegnante della scuola londinese).

Il programma del corso di autofrrmazione dell’XM-24

La SIM, attraverso le ormai numerose generazioni di insegnanti che l’hanno animata, continua a confermarsi un punto di riferimento all’avanguardia sia nelle riflessioni metodologiche e politiche, sia nella loro applicazione, nel campo dell’insegnamento dell’italiano ai migranti (o, come giustamente mi correggerebbero, CON i migranti). Dal punto di vista teorico, una base fondamentale nel lavoro della SIM è la pedagogia di Paulo Freire, pensatore di riferimento nella “pedagogia critica”, che pone l’accento sulle relazioni di potere tra insegnanti e studenti, con l’obiettivo di tendere il più possibile verso l’orizzonalità delle relazioni all’interno della classe. Inoltre, il lavoro didattico della SIM è reso unico dallo speciale contesto in cui si sviluppa, che offre una ricchissima pluralità di spunti e significati, e cioè il centro sociale XM24. In questo senso, non posso sottolineare abbastanza come, proprio mentre scrivevo questo articolo, l’XM24 (e in quanto parte dell’XM24, la SIM) ha ricevuto un’ennesima minaccia di sgombero, e ha organizzato un’enorme mobilitazione che ha visto migliaia e migliaia di persone prendersi le strade “contro il nulla che avanza”.

Come immagino sarebbe stato per qualsiasi ragazzo nato e cresciuto a Bologna, partecipare in quanto ex insegnante della scuola londinese, insieme ad amici, compagni e colleghi (e persino una sorella!) da luoghi così distanti, ad una due giorni in un luogo familiare e significativo come XM24, è stato per me un reale privilegio, che mi ha fatto vivere emozioni fortissime. Altro motivo per cui è stato così bello è che il livello della discussione è stato davvero alto, anche grazie al fatto che le diverse scuole condividevano moltissime posizioni e pratiche. Dunque, siamo potuti andare in profondità: per esempio, dal punto di vista teorico, siccome anche Babel’s Blessing (la nostra scuola a Londra) prende molto spunti dalla pedagogica freiriana, abbiamo potuto formulare il nostro contributo alla due giorni su di un approccio ancora più specifico ma comprensibile a tutti perchè fondato su basi che le diverse scuole presenti condividevano, e cioè il metodo partecipativo di sviluppo del curriculum nell’insegnamento dell’inglese ai migranti, formulato da pensatrici come Elsa Auerbach e Nina Wallerstein.

Copertina del libro di Elsa Auerbach

Le riflessioni teoriche poi in pratica si materializzano in una complessa serie di pratiche, più o meno prevedibili, e peraltro talvolta spesso applicate anche da insegnanti a prescindere dalla riflessione politica sulla lingua, perchè numerosi studi hanno solidamente provato i risultati concreti dei metodi orizzontali/partecipativi. Anche nel reportage di Clarissa sul corso di Maria Laura Privitera ho ritrovato preoccupazioni e strategie condivise nel lavoro di Babel’s Blessing, come per esempio l’attenzione a rendere la lezione interessante e rilevante per tutti gli studenti, usando “realia“, materiali derivati dalla vita quotidiana degli studenti. O anche il costante lavoro per abbandonare una ripetizione automatica del metodo con cui noi abbiamo imparato l’italiano: a partire da, e quasi esclusivamente concentrato su, la grammatica. In particolare, però, il ruolo della grammatica in Babel’s Blessing non era semplicemente ridotto di importanza o messo da parte, quanto piuttosto ribaltato, facendola emergere (almeno nei desideri degli insegnanti) dai temi e dalle attività scelti con gli studenti. L’obiettivo è che l’apprendimento delle (sempre descrittive, e quindi flessibili, variabili e plurali) regole linguistiche, così come del vocabolario, emerga dalla lingua in uso, invece che il contrario, come quando le frasi di uso reale diventano meramente esempi di regole formali. L’insegnamento di una lingua è sempre politico (si vedano gli articoli che Clarissa ed io abbiamo scritto in passato sull’insegnamento delle “lingue madri“), ma nell’insegnamento ai migranti (adulti, razzializzati, discriminati, etc) la questione della dinamica di potere tra insegnanti e studenti è di urgente importanza, e dunque, a mio avviso, i metodi critici/orizzontali/partecipativi sono particolarmente necessari.

Articolo di Gavriel Nelken

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