Incontri tra donne e tra femminismi, approcci religiosi e laici

E’ questo il titolo della tavola rotonda che ha avuto luogo venerdì 8 giugno presso l’aula magna di Santa Cristina, in Via del Piombo 5 a Bologna. L’incontro è avvenuto nell’ambito del progetto per il “Dialogo interreligioso e interculturale”, promosso dal Comune di Bologna e dalla Istituzione comunale per l’inclusione sociale e comunitaria Don Paolo Serra Zanetti, a cui partecipa anche l’Associazione Orlando.

Nella sua introduzione Rita Alicchio ha ricordato che è stato il gruppo Teorie e pratiche della mondialità di Orlando che ha organizzato questa tavola rotonda volta all’’incontro e allo scambio di conoscenze con donne attiviste nei movimenti femminili, femministe religiose e secolari, studiose di femminismi occidentali, nord africani e mediorientali. Avendo ben presente la distanza esistente tra femminismo occidentale laico e femminismi religiosi da un punto di vista teorico, la proposta dell’associazione è quella di costruire una rete di donne che, tenendo conto dei diversi  posizionamenti dovuti a differenze etniche, sociali, economiche, culturali, religiose, si attivi sul terreno delle pratiche e realizzi progetti comuni finalizzati all’ottenimento della dignità, della libertà e di pari diritti delle donne per una giustizia di genere contro tutte le forme di discriminazione sia nella sfera pubblica che in quella privata.
Sul tema proposto si sono confrontate Liviana Gazzetta della Società Italiana delle Storiche, Leila Karami dell’Università La Sapienza di Roma, Raffaella Lamberti, fondatrice dell’Associazione Orlando, Majda El Mahi della Comunità Islamica di Bologna.

Gli interventi, in ordine alfabetico, sono stati aperti da Liviana Gazzetta che ha messo in evidenza quanto, nel lungo periodo, il rapporto tra cattolicesimo e femminismi sia stato complicato. Cruciale è stata la contrapposizione tra il pensiero cattolico e il femminismo laico circa l’autodeterminazione delle donne in relazione alla sfera sessuale e in contrasto con la concezione di un diritto basato sulla legge naturale di cui la Chiesa si voleva garante. Tuttavia nella seconda metà del ‘900 è avvenuto un incontro interessante tra femminismo laico e cattolico sulla base del riconoscimento della necessità di una “promozione della dignità femminile” da parte della chiesa. Ma mentre è stata manifestata una attenzione positiva nei confronti della teoria della “differenza sessuale”, vicina all’essenzialismo cattolico, c’è invece stata una chiusura molto forte nei confronti di quella del “gender” in quanto legata all’idea di una costruzione storica dell’identità sessuale.

Leila Karami, ha raccontato che le donne dei ceti più favoriti hanno partecipato al processo di modernizzazione di forte impronta nazionalistica attuato in Iran nei primi decenni del XX secolo. Esse, in quanto “madri della nazione”, hanno avuto accesso all’istruzione desiderata in una prospettiva che le voleva madri migliori per le future generazioni, ma hanno anche avuto l’opportunità di scrivere e pubblicare. Nel periodo della dinastia Pahlavi, dal 1925 in poi, è stato imposto dall’alto un modello femminile fortemente occidentalizzato che è stato rifiutato dalle donne di ceti inferiori in quanto estraneo alla propria cultura. Le stesse donne hanno accolto invece favorevolmente l’opportunità loro offerta dalla rivoluzione khomeinista (1979) di accedere all’università accettando simboli e comportamenti appartenenti alla tradizione come il velo. Tuttavia i limiti imposti al numero delle studentesse universitarie, che rischiava di sopravanzare quello degli studenti maschi, ha scatenato una forte protesta nel 2006. Negli anni ’80 ha avuto luogo anche una rivisitazione dei testi sacri da parte delle donne che però non ha portato alcun cambiamento in loro favore.

Raffaella Lamberti ha riconosciuto che oggi il dialogo tra donne è diventato più difficile di quanto non fosse negli anni ’80 con le donne relativamente occidentalizzate della prima intifada o con le immigrate. All’epoca l’incontro rappresentava una esperienza creativa, un comune momento di crescita; oggi i femminismi, in generale, segnano uno stallo se non una regressione e nel nostro Paese si pone in primo luogo il problema di una interlocuzione possibile e feconda nonostante le diversità (transversal politics). Raffaella ha proseguito affermando che dobbiamo avvicinarci le une alle altre cercando di capire il radicamento di ciascuna senza alcuna pretese di portare il verbo. E’ insomma necessario che cerchiamo di muoverci e progredire insieme pur nella consapevolezza che esistono temi complessi, come quello della autodeterminazione delle donne in relazione alla sessualità e alla riproduzione, rispetto ai quali esistono sensibilità differenti. Ha infine evocato il tema del ”bene comune” come terreno di riflessione condiviso e ha indicato le differenze di “generi” e “generazioni” come elementi da valorizzare sforzandoci di intraprendere un percorso insieme nella comune convinzione di essere un reale fattore di civilizzazione.

Majda El Mahi ha detto che le femministe islamiche, rileggendo i testi sacri, hanno dimostrato che l’islam riconosce l’uguaglianza tra i sessi e parla delle donne in quanto individue. Questo sforzo ha messo in luce la grande distanza esistente tra il messaggio più vero e profondo dell’islam e letture marcatamente maschiliste sviluppatesi in contesti storici e culturali caratterizzati dal patriarcato. Ne sono dimostrazione le numerose figure di donne emerse dalla storia che, anche in anni lontani, sono state protagoniste del loro tempo sia a livello religioso che culturale. A questo proposito Majda ha fornito diversi esempi tra i quali spiccano quelli di: Khadīja bint Khuwaylid, (La Mecca, 556 – La Mecca, 619), è stata una mercante araba, nota per essere stata la protettrice e poi la prima moglie di Maometto, fondatore dell’Islam.- ​Fatima Al-Fihriya, conosciuta anche come oum al-banine (“la madre di tutti i figli”) (al-Qayrawan, 800 circa – Fès, 880), è stata una donna musulmana, considerata la fondatrice della più antica istituzione educativa esistente al mondo, l’Università al-Qarawiyyin di Fès, in Marocco, nell’anno 859.- Aisha ‘Abd Al–rahman, 1913-1998 Egitto, è stata la seconda donna moderna ad intraprendere l’esegesi coranica e, anche se non si considerava una femminista, le sue opere riflettono temi femministi. Scrisse biografie delle prime donne nell’islam, tra cui la madre, le mogli e le figlie del Profeta Muhammad sws.

Lucia Ferrante – associazione Orlando

in testata: particolare da un’illustrazione di Gabriella Cappelletti- associazione Orlando

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