Commento a “Sabun” di Alae Al Said

Bentrovati a tutti e tutte!

Ispirata da tutto questo parlare di cultura cinematografica, artistica e letteraria delle scorse settimane, ho deciso di buttarmi in una cosa tutta nuova: un commento ad un libro. Non la chiamo “recensione”, perché non mi ritengo in grado di dare un parere super partes che vada oltre al “mi è piaciuto” / “non mi è piaciuto”. Di solito, mi immedesimo troppo nell’autore/autrice e non riesco a parlare apertamente delle cose negative per paura di ferire i sentimenti di qualcuno.

Disagi personali a parte, veniamo al punto, cercando di non fare spoiler. Sabun è ambientato in Palestina, terra d’origine dei genitori della giovanissima autrice Alae Al Said. Fatta eccezione per due capitoli, la narrazione è tutta affidata alla protagonista, Asia.

Asia vive insieme a mamma, papà e tre fratelli a Nablus (che potete vedere indicata dalla freccia rossa nell’immagine). Tutti i membri della famiglia, ciascuno in misura diversa, sono coinvolti nell’attività di produzione e vendita dei famosi saponi di Nablus. Il libro, dunque, segue le vicissitudini di questa famiglia, concentrandosi sull’impatto che l’occupazione israeliana ha sulle vite dei vari componenti. Viene svelata la quotidianità della comunità, i cui membri crescono, maturano e cambiano nel corso della narrazione. Nonostante il contesto di oppressione e violenza in cui si trovano, ai personaggi non è dato di rifuggire dai problemi e dai meccanismi comuni a tutti. Amore, amicizia, lutto, migrazioni e conflitti generazionali costituiscono le fondamenta della storia, a cui si somma la presenza, a volte silenziosa, a volte assordante, dell’occupazione.

Devo dire che questo libro è stato il primo vero romanzo riguardante la questione palestinese che io abbia mai letto. Fino a due mesi fa, avevo solo letto articoli accademici e libri di storia estremamente barbosi sull’argomento. Dunque, l’ho trovato proprio una ventata di aria fresca, se così si può definire. Il fatto che i personaggi debbano affrontare cose tipiche della quotidianità, che tutti, prima o poi, si trovano davanti, come la fine di un’amicizia, l’inizio di un amore o un litigio con i propri genitori, per me è stato quasi sconvolgente.

Nel mio immaginario, la vita nei territori occupati, un po’ come la vita in paesi impegnati in una guerra “convenzionale”, è congelata, impossibilitata a procedere con un ritmo regolare. Mi aspettavo che certi fatti caratteristici del “normale” vivere passassero in secondo piano. Invece no. Invece, questo libro, nei miei confronti almeno, ha il grande merito di avermi fatto rendere conto che, anche se vivono in territori occupati o in guerra, le persone rimangono sempre essere umani, con le passioni, i problemi e le incombenze che ci caratterizzano tutti. Insomma, ha riportato il mio focus sul lato umano della situazione, sulla versione della storia con poche date e molti ricordi, speranze, paure e incertezze. Anche solo per questo, a mio avviso, merita di essere letto.

Un altro aspetto che ho trovato super interessante è che, non solo Al Said dipinge una quotidianità che non riuscivo ad immaginare da sola, ma riesce anche a restituire delle immagini assurdamente evocative: non tantissime, ma estremamente nitide. I campi degli ulivi, le torri di sapone, le colline intorno alla città aiutano a far immedesimare il lettore sempre di più, quasi a trasportalo lì, dove tutto si svolge.

Ultimo lato positivo, poi vi lascio liberi: è un libro ricco di spunti di riflessione, non solo quelli che ho esposto sopra. La lettura offre appigli per ragionare su emigrazione, identità nazionale, diritti umani, difficoltà economiche e lavoro…Insomma, è un libro davvero ricco.

Dunque, concludendo, consiglio assolutamente la lettura di Sabun, sia a chi conosce già la storia e gli eventi dell’area, sia a chi non se n’è mai interessato.

Per questi ultimi, poi, senza entrare nel merito della questione israelo- palestinese la cui discussione non può essere ridotta a qualche riga di articolo, consiglio comunque di cercare di farsi un’idea. Ci sono tanti video (qui e qui alcuni esempi) e tanti articoli e resoconti (per esempio, questo o questo) che forniscono un’ “infarinatura” generale. Invece, per una ricerca più approfondita e dai tratti accademici, consiglio di utilizzare Google Scholar.

Spero di non avervi annoiato troppo. A presto!

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