La forza del mutuo soccorso: l’esperienza dell’iftar solidale a Bologna e Casablanca

Bologna: una rete di decine di donne di casa prevalentemente marocchine che ogni giorno cucinano in più del fabbisogno della propria famiglia; un gruppo di profughi siriani mobilitati ogni giorno dalle 16 alle 21 circa; una raccolta fondi online e di persona; una rete di associazioni che si allarga di settimana in settimana e, oltre a mettere a disposizione gli spazi operativi (la cucina!), permette una sempre più ampia colletta di prodotti freschi e confezionati dai negozi etnici e dai supermercati; organizzare i turni in cucina; garantire il bilanciamento del menu a partire dai prodotti disponibili; organizzare i turni alla distribuzione; raccogliere e valutare le domande di aiuto. E’ difficile stabilire quante persone si siano attivate in questo percorso – anche perché il numero delle donne partecipanti cresce di giorno in giorno – ma si tratta sicuramente di alcune decine, soprattutto donne e soprattutto musulmane, affiliate o in contatto con almeno due associazioni del territorio (Sopra i ponti e Da3wa, ma anche altre) e la coop Arca di Noè per il ritiro dell’invenduto prossimo a scadenza dai supermercati.

Tutto questo permette di garantire circa 120 iftar (pasto di rottura del digiuno) tutte le sere per i 30 giorni di durata del mese sacro di Ramadan (e si tratta di numero in crescita)! I beneficiari sono in buona parte profughi e richiedenti asilo, sia ospiti in strutture e dormitori dove non sono compresi i pasti o dove la fornitura non tiene conto delle particolari esigenze di orario del ramadan, sia persone senza documenti, spesso giovanissimi, rimasti esclusi dalla rete di assistenza pubblica anche durante il lockdown, costretti a dormire nei parchi e completamente privi di reti di appoggio. Persone che, attraverso l’offerta di un pasto “culturalmente adeguato” (rubo l’espressione a Vandana Shiva), possono sentire il calore e la vicinanza della propria comunità in un momento della loro vita particolarmente difficile anche per la de-umanizzazione a cui sono sottoposte.

Tutto questo probabilmente non verrà mai contabilizzato in nessun rapporto statistico né preso in esame da alcuno studio di scienze sociali perché si tratta di una realtà informale completamente underground, anzi possiamo tranquillamente ammettere che le/gli attiviste/preferiscono addirittura non comparire nel timore che la propria azione solidale contravvenga qualche norma burocratica (cosa altamente probabile!), nonostante la serena certezza di fare “la cosa giusta”.

Eppure ai nostri occhi è indubbio che si tratta di una efficientissima forma di autorganizzazione dal basso, tanto più notevole se consideriamo che è messa in atto da persone a loro volta marginalizzate e a reddito basso. In questo aspetto davvero richiama le esperienze di mutuo soccorso delle società operaie che tanta vitalità seppero esprimere proprio in questa terra oltre un secolo fa! Anche per la marcata autonomia culturale che sta alla base dell’autonomia organizzativa: tutte queste persone sentono che si tratta della loro tradizione, e pertanto si prendono di diritto il ruolo di protagonisti.

Un’esperienza di autogestione di ispirazione religiosa ma di stampo curiosamente anarchico che non poteva mancare di attirare la simpatia e il sostegno di un’aggregazione basata sulla fantasia, l’ecologia e l’autogestione come l’officina delle arti e dei mestieri Camere d’Aria, che ha deciso di devolvere all’iftar comunitario e solidale i fondi raccolti grazie alle fantasiosissime eco-mascherine artistiche e lavabili (info: cameredariainfo@gmail.com cell: 3396171306).

Alcune delle mascherine in cotone, simpatiche, lavabili e solidali prodotte dalla sartofficina di Camere d’Aria

Iniziativa che va ad aggiungersi alla raccolta fondi lanciata da Sopra i ponti:

Casablanca: anche qui i nostri soci sono attivi, d’altra parte caratteristica della diaspora migrante è la capacità di agire nel paese d’accoglienza e in quello d’origine. In Marocco la solidarietà durante il ramadan è una tradizione consolidata: ognuno impara fin da bambino che Dio apprezza particolarmente il gesto di nutrire chi ha digiunato ed è opinione comune che uno dei significati del digiuno rituale stia nell’effetto “educativo” di far provare le privazioni a chi non ci è costretto in modo che faccia spazio all’empatia verso i poveri. Ma questo strano ramadan sotto lockdown, senza scambi di visite, senza preghiere collettive e con lo spettro della crisi economica è molto più difficile per tutti. Più colpite sono le famiglie che si barcamenavano con piccole attività e commerci informali: senza risparmi e e ora anche senza lavoro. Il sussidio statale non è arrivato a tutti e comunque si trattava di una cifra minima e erogata una volta soltanto. Poi nelle grandi città vivono migliaia di migranti subsahariani, molte le donne con bambini, in gran parte senza documenti e quindi costretti anch’essi ad ingegnarsi nell’economia informale, oggi impraticabile. Il grande attivismo delle organizzazioni caritatevoli che ogni anno si mobilita, stavolta non basta e sono numerosissime le situazioni al limite della sopravvivenza.

Stiamo quindi sostenendo alcune famiglie del quartiere popolare della vecchia medina con pacchi alimentari e buoni spesa concordati con i negozietti di vicinato, mentre per venire incontro ai migranti subsahariani ci siamo coordinati con l’associazione Bank de solidarité, attiva nei quartieri periferici dove le famiglie migranti sono concentrate, e il supermercato Marjane, per organizzare la distribuzione di pacchi alimentari con una scelta di prodotti che incontra le loro abitudini. Qui l’azione è appena cominciata grazie a donazioni di amici per circa 800 €. Ma anche qui il coordinamento tra associazioni e l’attivismo civico di contrasto ai pregiudizi è il risultato più grande.

i primi pacchi dal supermercato in partenza per essere distribuiti alle famiglie subsahariane di Casablanca

Frattanto la raccolta fondi prosegue e parallelamente abbiamo presentato un progettino d’emergenza all’OIM che, se avrà successo, ci permetterà di estendere nel tempo e nello spazio queste pratiche di autogestione solidale dal basso, diffondendole in 12 aree rurali del paese.

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