Donne e monoteismi

Tra testo sacro e storia: la rappresentazione della donna nei tre monoteismi

Questo il titolo dell’interessante tavola rotonda che si è tenuta giovedì 19 aprile presso l’aula magna di S.Cristina, in via del Piombo 5, a Bologna.

L’incontro, moderato da Giancarla Codrignani, ex parlamentare e giornalista, è stato fortemente voluto dall’associazione di donne Orlando, nel quadro del più articolato progetto per il dialogo inter-religioso e interculturale promosso dal Comune di Bologna e dall’Istituzione comunale per l’inclusione sociale e comunitaria Don Paolo Serra Zanetti, lo stesso progetto che, ne parliamo in altri post, ha coinvolto i gruppi di donne del “marsupio” con diversi interventi più centrati sulla quotidianità.

Tre teologhe, tra le massime studiose dei testi sacri in un’ottica di genere, si sono confrontate sul tema  dal punto di vista delle tre grandi tradizioni monoteiste: Suor Elsa Antoniazzi, della Comunità di preghiera Santa Marcellina di Pianoro, Nibras Breigheche, arabista e islamologa trentina di origine siriana, già membro del direttivo dell’Associazione Donne Musulmane d’Italia, cofondatrice dell’Associazione Italiana degli Imam e Guide Religiose, e Martina Yehudit Loreggian, filosofa, cantora presso la sinagoga Lev Chadash di Milano, tra le pochissime donne ad essere stata di recente ammessa ad una scuola rabbinica (progressiva).

Intervenendo in ordine alfabetico, ha aperto suor Elsa, che ha ricordato come già fin dal secolo diciannovesimo all’interno del movimento suffragista inglese, a cui dall’establishment veniva opposto un diniego all’accesso al voto in nome della presunta inferiorità della donna affermata nel vecchio e nuovo testamento, ci si fosse chieste se davvero i testi sacri fossero così maschilisti e patriarcali. E i vangeli, così interrogati dalle donne, hanno quindi rivelato le inequivocabili aperture di Gesù, in netto contrasto con la tradizione del suo tempo, aperture poi dimenticate da una comunità che evidentemente non ne è stata all’altezza. Il tema dunque era presente ma è stato (volutamente) dimenticato. Proprio per questo è importante rileggere le scritture: il problema non è nei testi ma nella storia, è un problema politico, di potere.

Dello stesso tenore l’intervento di Breigheche, la quale, citando la ricerca di Maryam Atiya “Faux hadiths au sujet de la femme” ( http://www.muslimshop.fr/livres/la-femme-en-islam/questions-actuelles/faux-hadiths-au-sujet-de-la-femme-maryam-atiya-tawhid-9782848622897-p-6836.html ) nel quadro degli studi promossi dall’European Forum of Muslim Women ( http://www.efomw.eu/ ), ha sottolineato come le studiose musulmane abbiano addirittura individuato con chiarezza  le prove di una manipolazione dei testi originari ad opera dell’esegesi classica maschile. A differenza però degli ahadith (detti e fatti del Profeta), tramandati in forma orale per molto tempo, questo non è stato possibile con il testo coranico, la cui trascrizione è avvenuta in tempi più rapidi e con il massimo rigore, e infatti tale testo è sempre attento a fare spazio alla donna, rivolgendosi esplicitamente, a volte in modo quasi ossessivo, sia agli uomini sia alle donne credenti, nell’attribuire ad entrambi gli stessi doveri dinnanzi a Dio e nel fare di entrambi l’oggetto della sua benevolenza (cfr., un esempio fra i tanti, Q. 33-35), mentre ogni riferimento alla vita matrimoniale, sia nel Corano, sia nella sunna (vita del Profeta), è improntato alla reciprocità e all’armonia, mai alla subordinazione.

Ha concluso poi Loreggian sottolineando come la tradizione del giudaismo sia plurale e costantemente in evoluzione, fino a presentare oggi scuole di pensiero e comunità fortemente progressiste e aperte alla modernità e altre improntate all’ortodossia più tradizionalista. Ha poi offerto un esempio concreto di decostruzione dell’interprtazione patriarcale dei testi rileggendo il celebre racconto della creazione dell’essere umano in Genesi: laddove la lettura tradizionalista vede la creazione di un individuo maschio, chiamato Adamo, dalla cui costola vi è in seguito tratta la donna, una rilettura più attenta vede la formazione dell’adam, vocabolo che indicherebbe l’essere umano senza riferimento al genere, da un materiale preesistente (la terra), un essere ermafrodito nella sua completezza dunque, che successivamente viene separato nei due generi. Un’immagine che richiama la visione di Platone e che probabilmente era diffusa nel mondo antico a riprova del fatto che la consapevolezza dei due generi è ben presente e radicata in tutte le culture umane.

E’ significativo dunque come lo sguardo femminile converga sulla necessità di una rilettura storico-critica dei testi sacri fondativi dei tre monoteismi, riconoscendone, accanto al’ispirazione, l’inevitabile radicamento in un contesto storico determinato.

Antonella Selva

Illustrazione di Gabriella Cappelletti (Ass. Orlando)

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